Falso, finto, vero. Primi appunti di una relazione terapeutica tra azione e parole

di Calathea

In questo scritto, l’autrice fa lo sforzo di rinunciare alla fantasia di ripetere tentativi di perfezione che confondono e isolano al limite di scissioni violente e agiti pericolosi. Le parole appena sorvolano rapporti e contesti ma sono già il frutto di un faticoso lavoro che guarda alle parole non come premessa ma come prodotto di un rapporto in cui desiderare sviluppo. Le parole con cui si era avviata questa consulenza suonano false, arroccate entro significati ritualizzati, muti, conformisti. L’azione sembra, invece, un modo con cui fingere, ovvero – inteso in senso etimologico – un modo per dare forma a vissuti, in cui si prova ad esserci, inventare, seppur in un modo ancora primordiale e confusivo. Dunque, questo fingere, valorizzato, produce prime parole vere, capolavori – anche qui in senso etimologico – “primi prodotti degni di attenzione” , prime occasioni per stare entro rapporti con autenticità.

Federica Di Ruzza

Mary Brewster Hazelton,Two Sisters at a Piano, 1894

La proposta di questo scritto viene all’interno dei colloqui di psicoterapia, in particolare in un mercoledì mattina in cui Federica mi chiede di andare al pianoforte, finora sempre sullo sfondo del nostro lavoro online, e di suonare qualcosa. Concludiamo con queste 4 pagine di spartito il nostro colloquio, e apro con queste 4 pagine di spartito questo scritto.
Leggo che il valzer Op.69 n.2 Fryderyk Chopin non l’ha mai voluto pubblicare mentre era in vita perché temeva che suonato da dita dilettanti potesse essere banalizzato e sentimentalizzato. Se Chopin sapesse che questo suo valzer è ciò in cui mi immergo ogni giorno, ogni volta che sento salire la frustrazione…
Diceva Federica “se le cose non se le intesta, non sono comprensibili, non le può dire”. Allora perché mi sorprendo davanti questa chiusura all’esterno di Chopin? In altri discorsi, mi risuona la differenziazione tra opere esoteriche ed essoteriche, quelle destinate “ai pochi” e quelle destinate “ai molti”. Quanta saccenza e avidità. Perchè tenere dentro di sè e solo alla portata delle proprie dita un valzer che potrebbe essere suonato, ascoltato ed emozionato da altri? E perchè decido di dirla proprio in questo modo?


PERIODO 1: Si minore o la mano destra che rincorre le ottave più acute tra pianissimo e mezzoforte.
Pare che da quando ho iniziato la terapia, mi diletto a volare di palo in frasca. Tocco diversi rapporti e contesti della mia vita, che ho abitato o abito ancora, frettolosamente abbozzando categorie utili a rileggerli…e poi volo via. Mia madre, il cibo, il sesso, il pianoforte e la musica; gatti, lavoro, colleghi famiglia, coppia. Sembrano però esserci delle direttrici comuni: maschio-femmina, matematica-dramma. Queste linee si dispongono perpendicolarmente a mo’ di diagramma cartesiano e nei settori prendono nomi i modi con cui sto in rapporto al mondo. Queste direttrici mi aiutano a fare quelli che sento dei voli, come quelli della mano destra, mentre mi parlo come figlia di mia madre-adolescente anoressica-adulta famelica.

PERIODO 2: Re Maggiore/Si minore o una breve primavera in cui irrompe il delirio
Le prime 14 battute non le ricordo mai, devo costantemente avere sotto gli occhi lo spartito. I balzi sono più grandi anche per la sinistra, di accordo in accordo. Mi oriento con difficoltà tra i generi, ma pare che maschile corrisponda a possedere nei contesti che abito. Ad esempio, lavoro con donne che hanno subito violenza a cui il servizio offre spazi esclusivi di cura gestiti da donne. Come nella cultura del servizio in cui lavoro, anche il mio personale universo di significati “maschile” è univocamente possesso violento, “femminile” inevitabilmente cura; e quando il femminile interseca il dramma ecco che arriva il delirio, un modo che mi fa pensare a mia nonna; quando invece interseca la matematica sono una troia, quel modo femminile avido, avvezzo a calcoli danarosi, che ha così tanto a che fare con quell’essere figlia di madre. Se invece maschile si incontra con la matematica ecco la depressione autistica che ha sempre caratterizzato mio nonno mentre passava i pomeriggi chiuso nello studio a scrivere manuali di fisica.
Il secondo periodo si conclude violentando il primo, aggiungendo diesis e sonorità dissonanti, vorticosamente.


PERIODO 3: Si Maggiore o lo stupore
Pausa. Ora le dita si rincorrono amabilmente (così dice la partitura), cambiando tema, balzando leggere e serene su tasti nuovi. Note che poi diventano accordi che saltano tra le battute, cambiando ogni volta un po’, ma chissà qual è il senso di queste variazioni. Tant’è, abbandoniamo drammi, generi e calcoli. Stupore.


RIPRESA: Si minore o la rincorsa che termina sul posto di partenza
Ritorno in Si minore. Ritorna poi anche il primo periodo.

“Usiamo la finzione per la verità. Fingere è anche un modo con cui dare forma, una forma che può essere vera”, è stato l’invito nel produrre questo scritto. Sorrido ripensando alle volte che mi è stato detto e mi sono detta riconosciuta utilizzare l’interpretazione come modalità difensiva, come arroccamento, come chiusura.
Ripenso a Fryderyk Chopin, che non avrebbe voluto pubblicare il valzer Op.69 n.2 per non lasciarlo alle violenze o perversioni di altrui interpretazioni. Scusami Chopin, continuo ad accostarmi a te, ma riesci a farmi, non dico pensare, ma almeno odorare le mie emozioni. Questa tua chiusura mi ricorda la mia, che provocatoriamente chiede all’interno dello spazio della psicoterapia “ma io perchè mai dovrei pensare con te?!” .

Questo è il valzer che ho suonato quando Federica mi ha chiesto di andare al pianoforte e suonare qualcosa,
durante il colloquio di psicoterapia. Questo è il valzer che suono non appena rientro a casa o quando già ci
sono e sento di non poter fare altro che subire frustrazione. E’ come se l’unico modo che ho di starci in rapporto sia farla passare dalle dita incontrando altra frustrazione, inseguendo la perfezione. Suonarlo senza condividerlo mi ha a lungo illuso di possederlo, di ripeterlo, come se le orecchie di altri potessero derubarmi e farmi scoprire che ripetere è impossibile.

Sorrido. Mentre scrivo di chiusure si apre un piccolo spazio in cui poter ascoltare insieme.

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