di Federica Di Ruzza
Le iniziative di recupero e manutenzione di aree degradate non sono cosa nuova, così come non lo sono l’invenzione di festival e i collettivi di cittadini e associazioni. Ne scrivemmo qualche anno fa proprio a partire da esperienze in cui eravamo implicati, a Roma. Una città che, per quanto la si voglia eterna, sembra sempre sull’orlo di un cambiamento.
Entro il progetto Consolidarete con Across APS e Cemea del mezzogiorno, finanziato dalla Regione Lazio con il bando Comunità Solidali 2020, incontriamo nuove vitalità che ci interessa sostenere e di cui ci interessa capire di più.
In particolare nel Municipio 5 entriamo in contatto con gruppi di abitanti e associazioni desiderosi di vitalizzare le potenzialità di quartieri e aree facili all’abbandono e al degrado. Al Pigneto qualche cittadino che, guardando dalla finestra, non ha un bel vedere e non si accontenta di lamentarsene; un post su Facebook in un gruppo di quartiere, perché la contrapposizione che vorrebbe i rapporti reali fuori dai social è solo una fisima; il diffondersi di curiosità e il passaparola fanno il resto. Si organizza un collettivo, Collettivo RecuperAmo, denso, competente, snello, capace.
Sono abitanti, sì, ma non diamo per scontato il significato di cosa voglia dire abitare. Siciliani, campani, abruzzesi, che da pochi mesi vivono al Pigneto, poi c è chi al Pigneto di vive da 50 anni ma si sente ancora “fuori sede”, chi ci lavora ma abita altrove, chi legge dell’iniziativa on line e si imbarca dai Castelli. Insomma abitare non è certo scontato cosa sia. Potremmo dire che abitare si definisca, in questa esperienza, come occasione con cui si sceglie cosa indossare, quale abito appunto, si sceglie che aspetto darsi nei rapporti e con quale forma si sceglie di occuparsene.
Il Collettivo RecuperAmo fa dell’area degradata di cui si occupa una occasione per occuparsi di rapporti. Si fa spazio a bambini e anziani, associazioni, istituzioni, singoli cittadini. C’è spazio per pubblico e privato, si cercano documenti persi nella storia amministrativa della Capitale, finanziamenti nella responsabilità sociale di impresa delle multinazionali, nelle fondazioni, nei bandi pubblici. Si mappano competenze tra condomini, si cercano sedie da dismettere e pallet assieme a rapporti con i commercianti e le occupazioni storiche di Roma, contributi di artisti di strada e prestigiose organizzazioni. Ci sono progettisti sociali, fotografi, attori, impiegati della pubblica amministrazione – che come Clark Kent e Superman spesso sono la stessa persona – educatori, psicologi, linguisti, informatici, studenti universitari, italiani, sudamericani, belgi. E se viene in mente un’idea e mancano le competenze si cercano con una call su Facebook assieme a un tosaerba per manutenere il giardino del parchetto. L’amministrazione municipale sostiene interessata il movimento, sentendone l’autentico desiderio di sviluppo.
Forse complici la pandemia, che ci ha ricordato quanto non sia scontata la possibilità di condividere, e la guerra, che, violenta, ricorda come dare per scontati identità e confini contribuisca a degradare conflitti sociali, raccogliamo nella contemporaneità di questo territorio come recuperare ciò che c’è e inventare ciò che potrà esserci sono i piedi con cui camminare insieme verso il futuro.